Leggendo in giro sembra che l’arte del – piangersi addosso – sia tutt’altro che rara, al punto che alcuni studiosi avrebbero anche individuato questa pratica come una esclusiva della razza umana, gli animali infatti o si adattano o muoiono, mentre invece gli umani contemplano anche una terza possibilità, l’autocommiserazione che, nelle sue mille sfumature, a volte diventa vittimismo, un modo di fare fortemente autolesionista, in grado di minare sensibilmente il nostro percorso verso il successo, anzi direi proprio che si potrebbe paragonare a un vero e proprio suicidio interiore!
Se pensiamo che come specie siamo gli unici a contemplare l’autocommiserazione non saprei se impressionarmi o piangere; per tutti gli esseri viventi infatti le due sole realtà possibili sono l’adattamento o l’estinzione, l’essere umano invece si è creato un personale spazio interiore per giustificare l’immobilismo, ponendo di fatto le basi per l’autodistruzione; ma come è possibile arrivare ad un comportamento così lesivo per la persona senza accorgersene o senza contrastarlo? Come spesso accade ci troviamo in questo caso a fronteggiare il nostro nemico più acerrimo, noi stessi; il nostro subconscio infatti è sempre alla ricerca della migliore strategia possibile per affrontare le situazioni difficili, ma secondo quali parametri? Purtroppo per noi non sempre quelli che ci porteranno al successo, anzi più spesso del pensabile le strategie adottate dal nostro inconscio si rivelano fonte di ulteriore stress, in quanto disfunzionali e poco efficaci, la mancanza di determinazione nel superare un certo ostacolo alla lunga creerà un forma di disagio interiore, duraturo e persistente, andando infine a sommarsi agli eventi oggettivi fonte dello stress. Può essere pericoloso cadere preda del vittimismo?
Lamentarsi serve solo a continuare a fare ciò che non ti piace.
– Giuseppe Catozzella –
Il vittimismo può certamente diventare cronico con il tempo, integrandosi nel nostro modo di fare, di pensare e di agire, condizionando di fatto ogni azione che compiamo quotidianamente, diventa un vero e proprio “muro” difensivo, non un più sacro ed efficace scudo, ma un brutto e impenetrabile vecchio muro pieno di muffa! La persona lamentosa di natura si convince di essere la vittima designata per ogni tipo di ostacolo o problema gli si presenti di fronte, arrivando a credere di non poter far nulla per cambiare le cose, trovando così conforto solo nel proprio lamento. Il lamentoso cronico rimane insoddisfatto da qualunque risultato, ciò accade poiché non essendoci un vero e proprio “carnefice” (condizione necessaria per essere una vittima) il lamentoso reindirizza tutti i suoi fallimenti a un carnefice immaginario, come? Rimarrà insoddisfatto della promozione sul posto di lavoro, perché non perfettamente in linea con ciò che si aspettava; vedrà malintenzionati ovunque, non consentirà alle emozioni positive di prendere il sopravvento e infine spesso avrà un qualche tipo di problema fisico, certo nessuno può escludere che non siano veri i suoi malumori o malesseri, ma sicuramente farà poco o nulla per risolverli, specialmente quelli che riguardano l’aspetto psicologico.
Prendete la vostra vita tra le mani e cosa succede? Una cosa terribile: non vi è nessuno da rimproverare.
– Erica Jong –
Ma come possiamo riconoscere i segnali del vittimismo? Il primo aspetto da ricercare è anche il più difficile da individuare poiché ci coinvolge direttamente e consiste nel saper riconoscere che la propria visione della realtà in quel momento È DISTORTA, questo accade quando tendiamo a riversare tutte le colpe di qualunque cosa a “terzi”, non sarà mai colpa nostra, ma sempre di qualcun altro; attenzione perché il compito giornaliero di una “vittima” è proprio quello di ricercare nuovi colpevoli, essi si attaccherà letteralmente a qualunque appiglio pur di incoronare un nuovo colpevole per i suoi fallimenti, basterà anche una sciocchezza, magari del tutto involontaria, per far sì che venga considerato invece come un gesto volontario e rivolto a danneggiarla. Un altro aspetto importante da verificare è la nostra capacità autocritica, essa infatti è l’unica arma a nostra disposizione per scovare ed eliminare questa spirale negativa, se non riusciamo a fare della sana e soprattutto ONESTA autocritica non saremo mai in grado di individuare le nostre colpe, finiremo con il tempo per assegnarle ad altri e alla lunga non saremo più in grado di accettare le nostre le stesse e correggerle per migliorare la situazione.
Alcune persone si lamentano perché le rose hanno spine. Io sono felice che le spine abbiano rose.
– Alphonse Karr –
Scopriamo adesso come fare per combattere il nostro lato vittimista indirizzando questa energia verso la positività. Iniziamo con la pratica sicuramente più impegnativa – l’auto-identificazione nei pensieri positivi – Partendo dal presupposto che noi siamo le nostre azioni oltre che i nostri pensieri, è normale che la nostra mente sia affollata anche da quelli negativi, in realtà è proprio questa la base del libero arbitrio, il nostro impegno quotidiano sarà pertanto quello di scegliere sempre di identificarci con i nostri pensieri positivi invece che con quelli negativi, combattere quest’ultimi significa evitare che essi, con il tempo, inquinino la nostra mente, contrastiamo i sentimenti negativi come l’autocommiserazione, la vittimizzazione oltre alla mancanza cronica di voglia, alleniamo la nostra forza di volontà e come per ogni cosa il nostro cervello si adeguerà più velocemente di quel che pensate. Impariamo anche ad essere più affidabili, prendendoci carico delle nostre responsabilità verso noi stessi e gli altri, lasciamo che la parola “agire” prenda possesso del nostro vocabolario, attenzione non “strafare”, ma semplicemente fare bene! E completare!
Vorrei infine tentare di scorgere l’insegnamento che possiamo ricevere dall’avere scoperto che il vittimismo può nascondersi anche in noi, impariamo a dominare il senso di vittimismo sfruttando le sue doti di calmante naturale, per quest’ultima affermazione, parto dal presupposto che il vittimismo sia comunque parte di un processo di elaborazione del dolore e spesso nella società della solitudine ci si ritrova soli a dover affrontare cariche emozionali a volte molto forti, piangersi addosso e probabilmente il primo step di questo processo, ma è qui che dobbiamo imparare a riconoscere questo segnale innescando immediatamente il processo di autocritica e relativo cambio del punto di vista, cercando di individuare perfettamente tutte le cause e tutte le migliori soluzioni.
In ultimo ricordiamo che questa, come tutte le spirali negative, si fa facilmente influenzare dalle sue simili, cerchiamo pertanto di non frequentare persone lamentose, più daremo attenzione alle lamentele più saremo complici dell’aumento delle stesse, consentire alle vittime di continuare a ricoprire quel ruolo, non farà altro che spianargli la strada per diventare la vittima perfetta, è quindi molto importante focalizzarsi sull’innesco di queste situazioni facendo il possibile per non attivarle, forza di volontà e resilienza sono state le parole chiave che ci hanno accompagnato nell’ultimo anno e mezzo, sono parole potentissime se applicate alla nostra vita, non lasciamo che esse si affievoliscano, non ora che conosciamo il loro vero valore.
#GemmaDeiNumeri1